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La sinistra? "Non c'entra niente col 25 aprile", Cacciari travolge Schlein & Co.
Oggi 25-04-25, 08:06
«Cosa c'entra la sinistra attuale con la Resistenza, con il 25 aprile? Non sanno neanche di cosa si tratti». A dircelo è il filosofo Massimo Cacciari, al quale abbiamo chiesto conto delle polemiche che continuano a riproporsi contro l'attuale Governo. In questo caso ad accendere il dibattito sono state le parole del ministro per la Protezione civile e le politiche del mare Nello Musumeci, che ha sottolineato come «tutte le cerimonie sono consentite naturalmente, tenuto conto del contesto e quindi con la sobrietà che la circostanza impone a ciascuno» in riferimento al lutto nazionale per la morte di Papa Francesco e per i funerali che si terranno domani. Ma l'opposizione, da Landini, a Bonelli e Fratoianni, non ha perso occasione per tacciare il governo di Giorgia Meloni di fascismo e di avere una particolare allergia nei confronti di questa ricorrenza. Come mai ogni anno non riusciamo a eliminare la problematica del 25 aprile e si torna sempre sulle stesse discussioni? «Perché queste retoriche, da una parte e dall'altra, coprono semplicemente l'impotenza ad affrontare seriamente e risolvere i problemi che ha il mondo. Non si riesce a dire nulla di sensato sulle grandi crisi internazionali, non si riesce ad avviare processi di riforma in questo Paese, e quindi ci divertiamo, di volta in volta, con questi anniversari. Da un lato protestano perché quelli di destra non ci credono, dall'altro di sinistra ci credono magari troppo, e... avanti il popolo. Così tutti perdiamo tempo a discutere di fregnacce, e intanto i problemi marciscono. Purtroppo, è molto semplice». Lei, da storico, uomo di sinistra, si sente un po' deluso rispetto a quello che c'è a sinistra nell'attuale panorama politico? «Ma cosa c'entra la sinistra attuale con la Resistenza, con il 25 aprile? Non sanno neanche di cosa si tratti. Non c'entra più niente. C'è stata una mutazione antropologica. E anche per quello è così patetico, adesso, ricordare quelle cose, perché, appunto, si ha a che fare con una nazione, con un paese, con un popolo che, rispetto a quello, nella sua tragicità, nelle sue contraddizioni, non ha niente a che fare». Ricorda un periodo storico in cui il dibattito politico era così scarno? «No, francamente. Ma c'erano ceti politici degni di questo nome, quindi anche se si affrontava il 25 aprile, lo si faceva con un po' di serietà, cercando di ragionare sul suo significato, sui problemi che sollevava, sulle contraddizioni». Oggi invece... «Da una parte ci fanno i santini, non parlano veramente del 25 aprile, fanno un santino di maniera, e dall'altra parte sfuggono alle loro responsabilità, anche storiche. Quindi bene che gente che è stata dichiaratamente fascista fino a un'età più che matura non celebri il 25 aprile. Cosa ci starebbero a fare? Quindi, se io fossi la presidente a sinistra, chiederei all'attuale governo di non celebrare il 25 aprile. Perché cosa vanno a celebrare? Invece, da una parte c'è gente che fa del 25 aprile una giornata colma di retoriche, senza analisi, senza studio, senza approfondimento; e dall'altra parte, persone che fuggono alla storia della loro generazione. Non dico che oggi non siano tutti democratici convinti, ma la storia è quella». Cosa c'entra però il 25 aprile, con la Palestina? Perché fare anche cortei pro-Pal? «C'entra eccome. Il 25 aprile ha un significato: una parte minoritaria del popolo che insorge contro una violenza autoritaria. Io ricordo il 25 aprile in nome di tutti coloro che soffrono violenza analoga. Il 25 aprile è un giorno che mette fine a una sanguinosa e tremenda guerra civile. Perché c'è stata una guerra civile».
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