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“Erano tutti con Biden”. Rampini sbugiarda la sinistra sulle big tech
24-01-2025, 12:39
Donald Trump-Big Tech: un normale riavvicinamento. Parola di Federico Rampini, editorialista de Il Corriere della Sera, che liquida le recenti polemiche sulla vicinanza a Donald Trump da parte dei CEO delle maggiori aziende statunitensi dopo il suo giuramento come nuovo inquilino della Casa Bianca. Ospite di Corrado Formigli e di PiazzaPulita su La 7, il giornalista ha spento ogni possibile dubbio sul riposizionamento di Mark Zuckerberg, Jeff Bezos e gli altri big della finanza americana al fianco del Tycoon. “Federico Rampini, questi qua da Trump cosa vogliono e cosa danno a Trump?”: chiede il conduttore. “Quello che volevano e che davano quattro anni fa a Joe Biden. Guardate che quella prima fila lì era schierata tutta a sinistra quattro anni fa e nessuno ci trovava nulla di strano – spiega Rampini –. Erano tutti schierati dall'altra parte. Non lo ricordate più, ma erano tutti con Biden”. Il giornalista continua la sua analisi: “Kamala Harris ha fatto la sua carriera politica con i miliardi della Silicon Valley. È una creatura politica dei Big Tech della Silicon Valley. Adesso scopriamo di colpo l'oligarchia perché hanno fatto il cambio, sono saltati sul carro del vincitore. È normale”. Nel discorso si inserisce anche Tito Boeri, più critico sulla nuova amministrazione Trump: “Trump ha rinnegato gli accordi che erano stati sottoscritti dagli Stati Uniti sulla Minimum Global Tax. Sui capitali che chiaramente erano poca cosa ma comunque imponevano un livello di tassazione minimale dei profitti – sottolinea – ha attaccato duramente l'Europa per le misure che ha preso nei confronti dei giganti del web per il loro comportamento anticoncorrenziale. Ha chiesto apertamente alla Commissione Europea, con toni molto aggressivi, di rimuovere queste sanzioni”. Formigli richiama nella discussione Rampini: “Federico aggiungo una cosa, hai ragione che spesso gli imprenditori, i mega imprenditori saltano sul carro del vincitore. Qui abbiamo un salto di qualità in più, cioè la presenza di Musk a tutti i comizi – argomenta –. Musk che ha un ufficio dentro la Casa Bianca e un ruolo nell'amministrazione pubblica per razionalizzare la spesa pubblica. Questo non c'era con Biden”. Rampini chiude la sua analisi: “Sì, non c'era. Però, insomma, adesso non mi fate rifare la storia di quanto Musk fosse amico di Barack Obama – sottolinea – o di quando un altro presidente democratico, Bill Clinton, aveva messo a dirigere il Ministero del Tesoro il capo di Goldman Sachs, Robert Rubin, con delle conseguenze, tra l'altro, disastrose. La crisi del 2008 è anche figlia della deregulation dei derivati firmata da Bob Rubin, capo di Goldman Sachs”.
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