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L'intervista a Dini: “Meloni? È una liberale. L'Europa così non va e l'Italia può cambiarla”
19-02-2025, 09:34
«Non mi sembra che durante questi anni ci sia mai stata una contrazione di valori liberali. Giorgia Meloni ha sempre agito con prudenza e per questo è stata premiata dagli italiani». A dirlo l'ex presidente del Consiglio Lamberto Dini. Draghi esorta l'Unione ad agire come un solo Stato. Condivide l'appello? «Lo condivido pienamente. Quale sarebbe il futuro dell'Europa se non si muove unita, a maggior ragione se si tiene conto delle ultime uscite di Donald Trump? Oggi come non mai occorre un'Ue coesa e un esercito comune. Non possiamo più contare sull'ombrello protettivo della Nato. Allo stato non sappiamo più neppure se gli Stati Uniti sarebbero pronti ad attivare l'articolo 5, quello che impegna tutti i Paesi a difendere l'alleato bersagliato». L'Italia lo ha sempre rispettato? «Ricordo quando gli Usa sono stati attaccati con il bombardamento delle Torri Gemelle ed è incominciata la lotta per ricercare i responsabili di quell'azione. Abbiamo mandato i nostri soldati in Afghanistan per difendere le posizioni di un membro della Nato». L'Europa, quindi, come deve comportarsi in questo particolare frangente? «Se Trump si ritira dal vecchio continente, quest'ultimo deve essere più coeso e soprattutto in grado di prendere decisioni per il futuro. Ciò fa bene non solo all'economia, ma anche agli investimenti, alla nostra sicurezza». Negli ultimi anni l'Europa è stata davvero compatta o c'è stata qualche divisione di troppo? «A mio parere, il punto di caduta è stato perlopiù il Trattato di Lisbona. Troppe sono ancora le materie di cui sono responsabili i singoli governi e su cui la Commissione non ha potere d'iniziativa o, se ce l'ha, è limitato. Sono prevalsi gli egoismi, le preferenze o meglio la difesa dell'interesse nazionale rispetto a quello comune. Non dimentichiamo il rapporto che Mario Draghi fece sulla competitività, in cui veniva criticata fortemente la posizione tedesca. Mi riferisco al contenimento della spesa pubblica e quindi degli investimenti, con una forte pressione sulla domanda interna, che, poi, ha portato a una serie di avanzi di bilancio, causa di quelle esportazioni ora criticate da Trump». Come si sta muovendo, invece, Meloni? Ha messo in soffitta i panni della militante? «Anche l'altro ieri la nostra presidente, a mio parere, si è comportata bene. Nell'incontro di Parigi, ha preso una posizione fin troppo chiara. Ha lasciato intendere, infatti, come con gli Stati Uniti bisogna convivere e quindi occorre trovare soluzioni che possano essere accettabili anche per loro. Una posizione che condivido pienamente» L'Italia può candidarsi a ponte tra l'Europa e gli Usa o conviene fare accordi bilaterali, come propone qualcuno? «Gli accordi bilaterali finirebbero col dividere ulteriormente. Quello che forse potrebbe volere Trump, non conviene innanzitutto ai singoli Paesi. L'Europa per contare deve essere unita. Solo così potrà difendersi dagli assalti alle nostre economie e dagli stessi dazi. È impensabile che l'Italia possa fare da ponte in solitudine». Di solito quando si è a Palazzo Chigi, il consenso, salvo eccezioni, tende a calare. Perché con questa maggioranza accade il contrario? «In questi due anni, è stata seguita una politica economica molto prudente, che non ha danneggiato i cittadini. Si è mantenuta una relativa stabilità. A parte la forte inflazione, causata dalla guerra in Ucraina e non dalle scelte del governo ritengo che, nell'insieme, quest'esecutivo si sia mosso nella giusta direzione». Qualcuno sostiene che la leader di FdI, dopo aver vinto le elezioni si è, poi, appiattita su quelle posizioni draghiane, che prima venivano criticate. Si ritrova con questa tesi? «Non so quanto Meloni criticasse Draghi. Ricordo che anche durante il governo tecnico, esisteva un rapporto tra i due, pur essendo Fratelli d'Italia all'opposizione. Il rapporto sulla competitività dell'ex premier è ancora il futuro e dunque non può che non essere condiviso. Il problema, piuttosto, è come metterlo in pratica. L'Europa, purtroppo, resta un'unione incompiuta». Possiamo dire che la premier si è tolta definitivamente il cappello della “destra”, che prima delle elezioni pesava come un macigno? «Meloni non può rinnegare il suo passato, né da dove viene. Si tratta, piuttosto, di aggiornare e ammodernare un partito importante per renderlo forza di governo. Ciò lo si può fare trovando valori e opinioni condivise sia con gli altri Paesi che con le altre forze che governano. Questa è la strada intrapresa e, a mio parere, non c'è stato alcun errore».
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