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Non solo "cum clave": Sistina come un bunker, jammer e finestre blindate
Oggi 28-04-25, 09:41
Non solo fughe di notizie e pressioni politiche. A gettare un'ombra di timori e preoccupazioni sulla sicurezza del Conclave ci sono anche cyber attacchi e relativi hacker. Alla vigilia dell'elezione del nuovo Papa, la Santa Sede è in fermento. Nel cuore più protetto del mondo, infatti, esistono varchi accessibili alla minaccia cibernetica che mettono a rischio un evento di interesse globale. Oltre allo Spirito Santo, dunque, un esercito silenzioso di tecnici e cyber esperti veglierà sul Conclave. Atteso dal 5 maggio in poi, per le votazioni che eleggeranno il nuovo Pontefice la Santa Sede ha alzato un muro digitale attorno alla Cappella Sistina. I segnali saranno annullati da jammer, le finestre oscurate con pellicole anti-droni e anti-laser spia e ogni forma di comunicazione bloccata. Niente telefoni, niente rete. I cardinali saranno isolati dal mondo, immersi praticamente in un bunker. Ma non si tratta di una paranoia da film di spionaggio. Semmai si tratta di precauzioni contro una minaccia reale, cresciuta negli anni. Dal 2015 a oggi, il Vaticano ha subito una serie di attacchi informatici, molti dei quali passati sotto silenzio. I più eclatanti, però, sono finiti sotto i riflettori. Nel 2020, il gruppo RedDelta (hacker cinesi legati al governo di Pechino) ha violato le reti vaticane con una falsa email di condoglianze che conteneva un malware nascosto. L'obiettivo era spiare i negoziati segreti tra Cina e Santa Sede sulla nomina dei vescovi. È stata considerata un'operazione di cyberspionaggio di livello militare. Nel 2022 e di nuovo nel 2024, il sito Vatican.va è crollato sotto attacchi DDoS, vere e proprie «alluvioni digitali» lanciate da bot automatizzati. I blackout sono coincisi con dichiarazioni scomode del Papa sulla guerra in Ucraina e con la visita della First Lady Olena Zelenska. Ma ancora prima, nel 2015, Anonymous era riuscito a penetrare i server del Vaticano sottraendo dati dalla Radio Vaticana. Gli hacker pubblicarono file interni motivando l'azione come protesta ideologica contro la Chiesa. Un campanello d'allarme che ha spinto la Santa Sede a cambiare passo. Oggi, dunque, la sicurezza informatica è una priorità strategica. Il Corpo della Gendarmeria, diretto dal cyber-esperto Gianluca Gauzzi Broccoletti che ha anche lavorato per la sicurezza durante i Conclavi del 2005 e del 2013, coordina la difesa con tecnologie avanzate. Tutte le comunicazioni tra i dicasteri sono criptate. I server risiedono in ambienti protetti, come la Biblioteca Apostolica. Mentre le reti sono filtrate da firewall e monitorate in tempo reale. Nel 2023 la Gendarmeria ha adottato un nuovo sistema radio criptato Motorola, con 40 canali riservati, usato per operazioni sensibili e gestione di eventi ad alto rischio. Durante il Conclave, dunque, la parola d'ordine sarà isolamento totale. Ogni angolo della Cappella Sistina e della Domus Sanctae Marthae sarà passato al setaccio con scanner anti-bug. Chiunque entri verrà controllato e nessun dispositivo elettronico sarà ammesso. Anche se una microspia riuscisse a infiltrarsi, i jammer la renderebbero inutilizzabile. Questo, almeno, è l'intenzione del piano sicurezza. Eppure, secondo alcune fonti, resterebbero delle crepe. Nel 2024, infatti, oltre il 90% dei siti web vaticani risultava «non sicuro», senza protocollo Htts. Una vulnerabilità banale, secondo gli esperti, ma egualmente sfruttabile da hacker e spie. Il Vaticano si sarebbe dunque rivolto a entità esterne per sanare questi buchi. Tra questi ci sarebbe la società britannica CIP che avrebbe offerto consulenze gratuite per correggere questi errori. Ma l'inerzia tecnica pare pesare ancora. A dare una mano per la difesa cyber ci sarebbero anche altri fornitori di sicurezza informatica come la società israeliana Radware che nel 2012, in seguito alla scoperta di un malware sofisticato nei sistemi vaticani, fu chiamata ad assistere la Santa Sede. Numerosi dirigenti e personale tecnico di Radware provengono direttamente dall'Unità 8200, che è l'unità di Intelligence elettronica e cyber warfare delle IDF, considerata una delle agenzie di cyber-Intelligence più potenti al mondo con sede nel distretto nord di Tel Aviv, nei pressi di Cesarea. E poi c'è Cisco Systems, colosso americano del networking, che figura tra i partner tecnici della Santa Sede in ambiti innovativi. Anche l'Italia è chiamata a dare il suo contributo attraverso un protocollo con l'Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (Acn) che dovrebbe garantire uno scambio di informazioni, formazione congiunta e risposta immediata in caso di attacco. Il Vaticano, infatti, è un bersaglio troppo interessante per essere ignorato. Politicamente esposto, spiritualmente influente, economicamente connesso a reti globali. E anche se non custodisce segreti nucleari, custodisce qualcosa di più sottile: il potere morale. E mentre il mondo attende la fumata bianca, le battaglie per eleggere il nuovo Papa si combattono anche nei silenzi del cyberspazio. E la Chiesa, per restare in piedi nel XXI secolo, dovrà difendere non solo le sue mura, ma anche le sue reti.
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