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Parolin e i 48 del primo scrutinio per provare la scalata: la strada stretta ma non impervia
Oggi 04-05-25, 09:20
La strada che può condurre al papato il Cardinale Pietro Parolin è stretta, ma tutt'altro che impervia. Dipende da alcuni fattori, da mosse strategiche niente affatto connesse alla volontà dello Spirito Santo, da accordi che dovranno essere preferibilmente chiusi prima dell'Extra Omnes pronunciato dal Maestro delle cerimonie pontificie mercoledì pomeriggio. Prima di affrontare queste dinamiche occorre però specificare un concetto che crea spesso confusione: non è sempre vero che chi entra Papa in Conclave ne esce Cardinale. Questo antico adagio tutto romano coniato già ai tempi di Gioachino Belli ha perso nel tempo la sua attinenza con la realtà, soprattutto da quando, nel 1904, Pio X ha abolito l'ingerenza delle potenze cattoliche sull'elezione del Romano Pontefice, quello Ius Exclusivae grazie al quale proprio Giuseppe Sarto, Pio X appunto, divenne pontefice dopo il veto contro il Segretario di Stato uscente Mariano Rampolla del Tindaro da parte dell'Impero austriaco. Da allora, in quasi tutte le nove elezioni papali succedutesi fino ad oggi, chi è entrato favorito, o quanto meno tra i papabili, ne è uscito vestito di bianco. Le uniche due vere sorprese furono Achille Ratti, eletto nel 1922 e Karol Wojtyla nell'ottobre 1978. Tutti gli altri, compreso Roncalli nel 1958, erano nomi considerati e in taluni casi ampiamente prevedibili. Tornando a Pietro Parolin, il Segretario di Stato uscente parte con un blocco ragguardevole di voti già assicurati e conteggiati che Il Tempo è in grado di svelare: quarantotto. Una base importante che gli consentirebbe, come accaduto anche a Ratzinger nel Conclave del 2005 o a Pacelli nel 1939, di impressionare i colleghi indecisi attraendo progressivamente su di sé i loro voti negli immediati scrutini successivi. Su due fattori si gioca però la riuscita dell'intera operazione: l'accordo con il gruppo dei conservatori e la divisione dei suoi avversari che, per ora, non hanno ancora individuato un candidato comune da contrapporgli. I primi dispongono di un pacchetto di almeno venti voti e al primo scrutinio voteranno il loro candidato, l'ungherese Peter Erdö, ma per l'accordo con Parolin starebbero alzando l'asticella della contropartita e sul piatto avrebbero messo nientemeno che la richiesta della Segreteria di Stato per un proprio esponente. Al netto delle richieste, se il patto con i conservatori dovesse essere siglato, Parolin potrebbe sfiorare le settanta preferenze già tra la seconda e la terza votazione e questo gli aprirebbe un'autostrada verso la cattedra di Pietro chiudendo di fatto la partita con gli incerti che non potrebbero fare altro che accodarsi. La seconda questione è ben più delicata, perché riguarda il blocco opposto che, almeno sulla carta, ha i numeri per bloccare e affossare l'elezione dell'ex numero due vaticano. Il fatto che questo mare magnum di porporati progressisti non abbia ancora individuato un uomo forte e condiviso da contrapporre a Parolin gioca a favore di quest'ultimo, ma il tempo stringe e la richiesta pervenuta ieri di tenere due congregazioni lunedì cristallizza la volontà del corpaccione di continuare ad affinare il tiro e magari individuare un candidato che ancora non è del tutto emerso nel dibattito del pre-Conclave. La difficoltà più grande di questo gruppo sta nel fatto che lo stesso Parolin è considerato un progressista, sebbene moderato e aperto al dialogo con altre scuole di pensiero, e i vari candidati alternativi che stanno prendendo quota o non gli si discostano poi molto o sono troppo progressisti per attirare i voti dei circa cinquanta porporati collocabili al centro. Costoro sono il maltese Mario Grech, il filippino Luis Antonio Tagle, su cui pesa però una certa stravaganza di costumi riemersa negli ultimi giorni, l'italiano Matteo Zuppi, fin troppo legato alla Comunità di Sant'Egidio e il francese Jean-Marc Aveline, il cui abbraccio mortale di Emmanuel Macron sembra avergli creato più danno che beneficio. Sullo sfondo, in crescita, c'è sempre l'incognita Pizzaballa.
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