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Pd in crisi: pioggia di critiche per Schlein dai big. È già partita la caccia all'alternativa
Oggi 11-11-25, 08:07
«È Meloni che si tiene la Schlein». Con quella battuta tagliente, pubblicata poco più di un mese fa su X, Arturo Parisi aveva già sintetizzato il suo giudizio sullo stato del Partito democratico. Lo storico esponente dell'Ulivo, oggi lontano dai ruoli politici ma ancora molto attivo nel dibattito pubblico, è tornato a pungere la segretaria dem con la consueta ironia. E non si è fermato lì: «Il Pd abbandoni la sua deriva estremista», ha aggiunto di recente, bocciando le ambizioni di premiership di Elly Schlein e proponendo Paolo Gentiloni come figura capace di unire le diverse anime del centrosinistra, «che potrebbe essere un buon federatore». Un assist che non è passato inosservato, tanto che pochi giorni dopo lo stesso Gentiloni, riferisce il Corriere della Sera, ha fatto sentire la propria voce dal palco del festival de Linkiesta: «Se pensiamo che l'alternativa a Meloni ci sia già, ok, good luck». L'ex premier ha poi avvertito che «c'è molto da fare per rendere una proposta alternativa sufficientemente forte». Dalle retrovie, dunque, si alza un coro sempre più fitto di “consigli” alla segretaria. Alle parole di Parisi e Gentiloni si sommano quelle di Romano Prodi, che ha diagnosticato senza troppi giri di parole che «il centrosinistra ha voltato le spalle all'Italia» e che «l'alternativa a Meloni non c'è». È il fronte dei veterani, quella generazione di padri nobili che osserva il partito dalla tribuna ma non rinuncia a commentare, spesso dicendo pubblicamente ciò che molti dirigenti, ancora in campo, sussurrano solo nei corridoi. Dentro il Pd, il clima è quello di una partita che entra nel secondo tempo. Come ha sintetizzato un alto dirigente, «i giorni che mancano alle prossime elezioni sono di meno rispetto a quelli trascorsi dalle precedenti», e quindi i posizionamenti iniziano a farsi concreti. In questo contesto, le critiche si moltiplicano. «È movimentismo dozzinale», ha affondato Luigi Zanda riferendosi alla linea dell'opposizione impostata da Schlein. Ennesimo segnale di accerchiamento nei confronti della segretaria. Dietro le quinte, intanto, prende forma un risiko di nomi e correnti. Nei gruppi parlamentari si discute di possibili alternative: dall'europarlamentare Antonio Decaro, che potrebbe uscire rafforzato dalle regionali pugliesi di fine novembre, alla sindaca di Genova Silvia Salis. Nel campo dei riformisti — rimasti senza il punto di riferimento di Stefano Bonaccini — si muovono figure come Graziano Delrio, Lorenzo Guerini, Pina Picierno, Marianna Madia, Giorgio Gori e Filippo Sensi. Sul fronte opposto, le aree che fanno capo a Dario Franceschini, Roberto Speranza e Andrea Orlando si preparano a incontrarsi a Montepulciano dal 28 al 30 novembre per costruire un “cordone di protezione” attorno alla segretaria e rilanciare una piattaforma politica «per un'alternativa alla Meloni». Un paradosso, a ben vedere: tutto ruota sempre intorno a quell'alternativa che, come riconoscono molti dentro e fuori il partito, ancora non c'è. E così il Pd continua a interrogarsi su chi, e come, potrà davvero incarnarla — in una battaglia che, più che con il governo, sembra ancora tutta interna.
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