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Schlein si fa i referendum con i soldi degli italiani. Prevista un'affluenza poco superiore al 30%
Ieri 11-05-25, 07:38
I referendum dell'8 e 9 giugno, o piuttosto il congresso del Pd sotto mentite spoglie. Le prove generali dell'alleanza più stramba possibile: il campo largo con i quattro amici del cuore, Maurizio Landini, Giuseppe Conte, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. In pratica l'iperbole di Elly Schlein: «Visto che il quorum non è raggiungibile, usiamo la consultazione per fare la conta tra noi». Intanto paga lo Stato, 140 milioni di euro, la previsione di spesa, per allestire i seggi, pagare gli scrutatori e garantire la sicurezza nelle scuole. Il tema più incandescente gira attorno ai quesiti sul Jobs Act (tre). Il taglio netto con il passato, la legge voluta da Matteo Renzi, e suo tempo benedetta da tutte le correnti dem (con l'eccezione di pochissimi parlamentari tra i quali Gianni Cuperlo e Francesco Boccia). Tra gli entusiasti invece anche esponenti che oggi hanno cambiato idea e si sono pentiti: Antonio Misiani, Andrea Orlando, Chiara Braga, Roberto Speranza, Chiara Gribaudo. L'occasione giusta per dare una "lezione" indimenticabile ai riformisti che si ostinano a non assecondare il diktat voluto dal segretario della Cgil. Una lunga serie di renitenti: da Paola De Micheli a Giorgio Gori, da Simona Malpezzi a Pina Picierno. I classici "due piccioni con una fava": mettere a tacere la minoranza, e sigillare l'accordo con gli alleati, M5S ed Avs, l'agognato campo largo in versione macchina da guerra, «io speriamo che me la cavo». Secondo gli strateghi del terzo piano del Nazareno: il quorum del 50% non scatterà, l'importante è portare al voto tra i 10 ed i 12 milioni di aventi diritto. La platea necessaria per il sogno della segretaria, «Giorgia stiamo arrivando»: nel 2022, il centrodestra raggiunse quota 12 milioni e mezzo. Un traguardo che i primi sondaggi giudicano comunque troppo ambizioso: potrebbero votare il 30% degli italiani, il quorum sarebbe quindi davvero molto lontano. La segretaria dem però non demorde, ieri a Terni ha tuonato: «Noi invitiamo tutte e tutti ad andare a votare. I cittadini e le cittadine al referendum possono, loro, decidere se cambiare delle leggi e riuscire a migliorare la condizione di vita e di lavoro delle persone». Un filo dipanato anche da Giuseppe Conte: «Con il nostro voto possiamo fermare i licenziamenti illegittimi, possiamo dare più tutele ai lavoratori delle piccole imprese, possiamo ridurre il lavoro precario, possiamo creare più sicurezza sul lavoro e più responsabilità negli appalti». La partita in corso naturalmente riguarda anche il leader di Italia Viva Matteo Renzi, padre del provvedimento sul lavoro, ed impegnato a fare campagna per il No. L'ex Presidente del Consiglio se l'è presa «con gli amici del Pd», rei di aver votato la legge dieci anni fa, ed oggi nascosti per il timore di non essere ricandidati dalla segretaria. Dice al Tempo il vicepresidente renziano Enrico Borghi: «Mi chiedo solo cosa aspettino i miei amici riformisti oggi prigionieri politici in una cosa che non è più il Pd del Lingotto, ma si avvia ad essere il partito di Elly». Per Borghi: «Se vogliono salvare una storia, ne devono prendere atto e agire di conseguenza». Un invito eloquente: venite a costruire la nuova Margherita con Italia Viva. Intanto Elly Schlein non ha usato mezze misure, «à la guerre comme à la guerre». Di testa sua decise di sostenere la raccolta di firme di Corso Italia, a cose fatte a fine febbraio annunciò in direzione la posizione del Pd. Altro che libertà di voto, come sperava la minoranza, il Nazareno cavalca il referendum. Esattamente come se fosse l'antipasto del congresso che ora potrebbe scattare nel 2026. I “renitenti” poi sono stati debitamente avvisati: «durante la campagna elettorale, nascondetevi e non fiatate». Con un eloquente “save the date”: le liste le faccio io. Di fronte al "bastone" del capo, la minoranza ha organizzato una riunione “carbonara”: «Voteremo due si (su cittadinanza e responsabilità dell'impresa committente) e tre no sul Jobs Act». Il tutto a bassa voce per non far infuriare Elly Schlein. L'ultima genialata è del solito avvocato di Volturara Appula: «Sulla cittadinanza il M5S è per la libertà di voto, io però voterò Si».
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