s

Tra i fantasmi di Elly spunta pure Veltroni. E la bacchetta sulla sicurezza
12-02-2025, 08:07
Come per magia, o forse per dispetto. Insomma più lei alza le spalle, e scarica le responsabilità sul «Pd che c'era prima», più i «fantasmi» tornano a farsi vivi. Magnifiche presenze che incombono sul Nazareno. È che a forza di evocarli, i protagonisti delle stagioni precedenti si rimaterializzano in carne ed ossa, in ordine di apparizione: Romano Prodi, Paolo Gentiloni, Marco Minniti, e per finire anche il fondatore. Ovvero l'allora sindaco della Capitale, il primo segretario eletto dalle primarie, ed anche la prima vittima delle congiure interne (all'epoca il «pugnalatore» fu Pier Luigi Bersani). Insomma Walter Veltroni, oggi maître à penser multi tasking, libri, film ed editoriali buonisti. Insomma il «Kennedy» del Campidoglio, che ha anticipato il tema con un lungo articolo sul Corriere della Sera, si è ripresentato a Palazzo Madama, per una lectio magistralis su un argomento ostico per la sinistra, la sicurezza. «La sicurezza non è un problema creato dai mass media», l'invito a muso duro. Elly ascolta in prima fila, non era prevista la sua partecipazione, ma si è precipitata, fanno notare i suoi. Nella versione più cerimoniosa possibile, insomma «di necessità virtù». Anche per non alimentare ulteriori retroscena sui padri nobili che tornano a popolare il proscenio. Una disdetta per una segretaria che spesso scandisce nettamente i confini della separazione. Da una parte c'era l'altro Pd, con il «fumetto» che disegna la parola «cattivo». Poi è venuta lei, ed è iniziato finalmente il nuovo Pd. Una narrazione che non convince Romano Prodi, che la considera inadatta. «La coalizione è un disastro», il ragionamento del Professore, che con l'incontro di Milano sta incoraggiando la nascita di un cespuglio moderato, modello Margherita. Sul proscenio reclama un posto anche Paolo Gentiloni, rimasto sfaccendato dopo l'incarico europeo. L'ex Presidente del Consiglio è più felpato, nessun riferimento diretto alla segretaria, ma il suo Pd, sulle questioni internazionali è molto lontano da quello attuale. Se lui non spinge, la minoranza però si fa sentire: «come si fa a tenerlo in panchina?». Ed in fondo l'idea di un incarico prestigioso, per di più se esclusivamente notarile, alla fine può convenire anche ad Elly. In pratica sì tratterebbe di chiedere a Stefano Bonaccini un altro passo indietro, tanto lui ormai è a Bruxelles. Se si dimettesse dal presidente dell'assemblea nazionale dem, si ricaverebbe un posto perfetto per un mediatore nato, Paolo Gentiloni. Della serie meglio così, che federatore della rissosa alleanza. Al Nazareno ci stanno pensando, prevenire è meglio di curare. Nel giorno dell'informativa alla Camera sul caso Almasri, una vecchia conoscenza è tornata a fare le pulci alla segretaria dem, l'ex ministro dell'Interno Marco Minniti, che ha riconosciuto le ragioni del governo Meloni. Tra spettri del passato e incubi del presente, Elly ha una sola ossessione: mantenere la fascia da capitano del campo largo, «la mia leadership non si tocca».
CONTINUA A LEGGERE
3
0
0