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Tutto pronto per Ruffini in politica, Prodi benedice. Ma il Pd frena: grana per Schlein
Ieri 14-12-24, 09:28
Ernesto Maria Ruffini si dimette dall'Agenzia delle entrate e si guarda allo specchio, l'immagine riflessa è quella di Romano Prodi. Il suo mentore. L'uomo del pullman, il manager pubblico (un'altra somiglianza), il professore universitario e soprattutto colui che sfruttò l'incapacità della sinistra a trovare un leader presentabile da contrapporre al Cavaliere. Un'analogia con il presente, i tempi di Elly Schlein, la segretaria del Pd ritenuta troppo inconcludente per ambire ad essere papabile. O almeno questa è la valutazione che ha animato il network che si muove tra Bologna e la Capitale, oltre all'ex presidente della Comunità Europea, dietro le quinte anche Goffredo Bettini, in versione battitore libero, ovvero senza il permesso del Nazareno. Elly Schlein infatti è impensierita, non vede di buon occhio la nascita di un partner al Centro, che necessariamente come prossima mossa la metterà nel mirino. I canali però sono aperti, non a caso Beppe Fioroni, che è uno degli "ambasciatori" di Ruffini, ieri era a pranzo al ristorante della Camera con il deputato dem bolognese Andrea De Maria, che è l'ufficiale di collegamento tra il Pd e il professore. Preoccupa ciò che si racconta con insistenza in Transatlantico, ovvero il richiamo della foresta che subirebbe anche l'eterno king maker, alias Dario Franceschini, insieme ad altri personaggi del passato, come Lapo Pistelli (direttore Public Affairs dell'Eni) e Rosy Bindi. Una chiamata alle armi, della sinistra democristiana di un tempo. La partenza di Ruffini però fa storcere la bocca a molti, prima l'emersione pubblica e poi le dimissioni dall'Agenzia delle Entrate, con un attacco ad alzo zero al governo: «Non mi era mai capitato di vedere pubblici funzionari essere additati come estorsori di un pizzo di Stato». Impietoso Michele Anzaldi, uno che ha gestito i primi passi di Francesco Rutelli ai tempi della Margherita vera, «purtroppo una cosa nata male, gestita male e con l'intervista al Corriere finita ancora peggio». Una certa freddezza anche dalle parti di Matteo Renzi, che fu il suo "talent scout". Per Italia viva, parla il capogruppo al Senato, Enrico Borghi: «La politica non è X factor», una dichiarazione che assomiglia ad una stroncatura. Il centrodestra, versante Lega, invece si infuria: «La lotta all'evasione fiscale è giusta e negli ultimi anni sono state recuperate cifre record, ma un conto è contrastare chi non vuole pagare le tasse e un altro è vessare, intimidire e minacciare i contribuenti che hanno rispettato le regole con le oltre 3 milioni di lettere inviate sotto Natale, a Ruffini auguriamo le migliori fortune, ma ben lontano dai portafogli degli italiani», si legge in una nota diffusa da via Bellerio. Più conciliante il responsabile economico di Fratelli d'Italia Marco Osnato: «L'ex direttore dice che in questi anni ha avuto il massimo dei risultati della lotta all'evasione, quindi evidentemente forse nei fatti questo governo era molto più affine al suo pensiero di quanto lui credesse». Interviene anche il ministro per i rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani: «Se ha scelto di fare politica e fa dichiarazioni politiche è giusto che lasci. Se si sentiva a disagio con il governo e pensa di dover fare una scelta politica è giusto e legittimo e assolutamente opportuno che si dimetta». Intanto la prima uscita pubblica di Ernesto Maria Ruffini è prevista sabato al convegno: «Una carità sociale e politica» in Vaticano, al quale parteciperà non a caso, anche Romano Prodi. Il battesimo del buon samaritano?
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