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Capezzone: la crisi isterica permanente
27-05-2024, 08:05
Dopo le urla e gli ululati giunti da sinistra a seguito della prima beffa della premier (quella su “TeleMeloni”), Mario Sechi ha opportunamente scritto che i compagni non sanno ridere, hanno smarrito umorismo e leggerezza. E cosa sanno fare, allora? L'hanno dimostrato ieri a stretto giro di posta, reagendo con nuove urla e nuovi ululati alla seconda beffa della Meloni, quella rivolta al palinsesto de La7, che dall'alba a notte fonda – con rare eccezioni – presenta il 2024 come una riedizione del 1924. Tra l'altro, sempre ieri, è stato proprio Enrico Mentana a differenziarsi dal coro, prendendo saggiamente le distanze dagli autoproclamati “telemartiri”. La realtà è che ormai la dimensione psicologica – direi esistenziale – della sinistra è la crisi isterica accompagnata da un sentimento di indignazione permanente. I progressisti e i loro intellettuali di riferimento non contestano più ciò che l'avversario dice, ma attaccano in radice la sua stessa legittimazione a pensare -parlare -respirare. Diranno i lettori più saggi e politicamente avvertiti: caro Capezzone, che senso ha tutto questo, se poi, dopo tutta 'sta campagna di fascistizzazione e mostrificazione, la sinistra ha comunque straperso contro la Meloni nel 2022, non riuscendo nemmeno a mobilitare i delusi e gli astenuti della propria parte? Ottima domanda che merita due risposte articolate. La prima: anche se le elezioni politiche sono state perdute da Pd e alleati, è stato comunque centrato il risultato di avvelenare i pozzi, di intossicare il clima, di proiettare una luce cupa sul volto del nemico, rendendo impossibili dialoghi futuri. Ciò – nella logica perversa dei perenni civil warriors – dà il tono all'opposizione da condurre: nessuna collaborazione è possibile, nessun reciproco riconoscimento di legittimazione è immaginabile, perché – segnatevelo, se no rischiate di dimenticarlo – la democrazia è in pericolo. In questo modo, ogni proposta politica dell'avversario risulta marchiata di infamia. Esemplifico. La destra fa qualcosa sull'immigrazione? Non è una politica restrittiva (astrattamente legittima tanto quanto una opposta politica espansiva), ma è un attacco ai diritti umani. La destra propone il premierato o una riforma istituzionale che rafforzi i poteri del governo? Non è un'opzione legittima (tanto quanto, sul versante opposto, la difesa dell'attuale parlamentarismo), ma una torsione autoritaria. La destra vuole cambiare qualcosa in materia di giustizia? Non si tratterà mai di proposte laicamente discutibili, ma di un favore ai corrotti. E così il generatore automatico di anatemi è attivato: il che risolve alla radice l'eventuale fatica di esaminare proposte e provvedimenti nel loro effettivo contenuto. A quel punto, infatti, la scomunica preventiva ha già chiuso la discussione. La seconda spiegazione è più psicopolitica, e ha a che fare con la faticosa ricerca che la sinistra fa – oggi – del proprio senso profondo, del suo ubi consistam. Diranno i lettori scettici: ma la sinistra ce l'avrebbe già la sua missione, e cioè quella di dar vita a un serio partito del lavoro. Sacrosanto: e però ciò implicherebbe la capacità di non aggredire più i lavoratori autonomi, anzi di costruire una proposta politica che vada oltre il tradizionale recinto di pensionati, statali e lavoratori dipendenti sindacalizzati. Compito politico tanto auspicabile quanto improbo per l'attuale Pd: significherebbe adottare davvero una mentalità riformista, direi “sviluppista”, comprendere i reali mutamenti avvenuti nella nostra società, mettere in discussione un sindacato (Cgil in testa) in evidente crisi di rappresentatività. Figuratevi se Schlein e Conte hanno la minima intenzione di impegnarsi in un'operazione politico-culturale di tale respiro. E allora ecco la ricerca disperata delle scorciatoie. Se non hai programmi e obiettivi chiari, puoi solo trasformare il nemico in “mostro”. Se sei in cerca di una saldatura di opposizione tra movimenti eterogenei, se non hai la robustezza per una proposta forte e autonoma declinata in positivo, allora l'antifascismo (rectius: la descrizione dell'avversario come marea nera da arginare) diventa un refugium peccatorum naturale, un approdo facile facile. Peccato che sia tutto farlocco, perché – diciamocelo – nemmeno a sinistra credono che Antonio Scurati sia una sorta di terzo fratello Rosselli perseguitato dal regime, o che Elly Schlein sia una staffetta partigiana della nuova resistenza. E qui arriviamo al disvelamento del reale problema della sinistra, di un lutto non elaborato, anche se – a ben vedere – si tratta del classico segreto di Pulcinella. La verità è che la sinistra è strutturalmente minoranza nel paese: nel 1948 il Fronte democratico popolare prese il 31%; nel 1994 l'Alleanza dei progressisti arrivò al 34%; nel 2001 l'Ulivo salì al 35%; il Pd nel 2008 si attestò al 33%. Che intendo dire, citando quattro risultati simili pur in contesti storici assai diversi? Che una vasta maggioranza degli italiani – elettoralmente parlando – è sempre stata dall'altra parte, e non c'è ragione di ritenere che gli equilibri cambino. Si spiega così, quando manca ai leader della sinistra la spregiudicatezza per manovre parlamentari che mascherino la situazione, oppure quando è meno forte la capacità di far pesare la propria egemonia in altro modo (cultura, editoria, magistratura), il ricorso a derive estreme. La mia lettura è che questa sia insieme la comfort zone di una sinistra sempre più pigra e ripetitiva (il fascismo ovunque, il manicheismo tra “buoni” – loro – e “cattivi” – gli altri –, lo spartiacque etico tra sé e il resto del mondo, la pretesa di superiorità culturale e morale), ma anche l'ammissione sempre più scoperta di un'inferiorità elettorale di cui si è consapevoli. È come se la sinistra dicesse: non possiamo vincere, diffidiamo perfino della nostra possibilità teorica di persuadere altri elettori rispetto al terzo degli italiani che complessivamente ci vota. E allora? E allora scegliamo di incarognire e incanaglire il clima, di inasprire l'atmosfera, sperando che gli altri commettano un qualche fallo di reazione o di nervosi smo. La diagnosi è questa, a mio modo di vedere, e non è affatto rassicurante. Dinanzi a tutto ciò, gli avversari (il centrodestra) farebbero bene a non commettere errori ma soprattutto a non farsi distrarre: l'obiettivo deve essere occuparsi della società italiana, dell'economia (tasse in primo luogo), delle riforme necessarie, più il trittico sicurezza -immigrazione -giustizia. In una parola: della realtà e non delle narrazioni mediatiche. Il resto è rumore di fondo, guerriglia quotidiana che rischia solo di sottrarre energia e creare piccoli ma fastidiosi incidenti.
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