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Iacometti, ecco tutta la verità sul prelievo alle banche
18-10-2024, 08:14
Gioco delle tre carte, grande bluff o stangata sugli extraprofitti delle banche? Nulla di tutto questo. Il “sacrificio” di circa 3,5 miliardi chiesto dal governo ad istituti di credito e compagnie di assicurazioni per reperire le coperture di alcuni voci di spesa, in particolare le risorse aggiuntive a favore del sistema sanitario nazionale, è sostanzialmente un prestito. Ma ciò non significa, come sostiene l'opposizione, che si tratta di una presa in giro degli elettori (e della stessa sinistra) che tifavano per la mazzata alle banche dopo gli aumenti dei tassi di interessi sui prestiti scattati negli ultimi anni che hanno messo in difficoltà molte famiglie. Intanto bisognerebbe sempre tenere a mente che a decidere l'aumento del costo del denaro è stata la Bce di Christine Lagarde (che ieri ha finalmente impugnato le forbici per la terza volta pur restando molto cauta sui futuri tagli) e non le singole banche. Questo non toglie, ovviamente, che gli istituti avrebbero potuto essere un po' più generosi con i clienti nella remunerazione dei depositi, rinunciando ad un po' di quei margini tra interessi attivi e passivi che gli hanno consentito di fare ottimi utili negli ultimi due anni. Detto ciò, i fan delle tasse non dovrebbero essere così delusi e la sinistra forse dovrebbe smetterla di accusare il governo di essere stato tenero con la finanza. Restando in tema di prestiti, abbiamo visto sulla nostra pelle quanto costa chiedere anticipi di denaro. Per le banche il discorso non cambia. Anche loro quando hanno bisogno di liquidità devono pagare fior di interessi ad altri istituti, alla Bce o al mercato, attraverso l'emissione di obbligazioni. Pensare che un prestito di 3,5 miliardi a costo zero per due anni sia indolore per il mondo del credito e delle polizze significa quindi non saper far di conto. Ma cerchiamo di capire meglio quali sono le misure introdotte dal governo. La formula concordata tra governo e Abi è quella di una mancata parziale detrazione di alcune spese, per il 2025 e il 2026 che potranno però essere recuperate nel triennio successivo, tra il 2027 e il 2029. Attualmente le banche portano in credito di imposta le Dta (Deferred Tax Assets), un regime fiscale complicatissimo utilizzato dalle banche per dedurre dall'imponibile una serie di partite negative del bilancio. Dentro le Dta negli anni via via trovavano capienza oltre all'anticipo di imposta anche la svalutazione degli Npl (Non performing loans, che sono i crediti deteriorati) e l'80% delle perdite pregresse, anche quelle inserite in bilancio in seguito ad operazioni di fusioni e acquisizioni. La sola modifica normativa del governo riguarda proprio le perdite pregresse, che potranno essere dedotte solo al 65%. Per il resto la legge di bilancio stabilisce che il contenitore di tutte queste voci, le Dta, non si trasformerà per i prossimi due anni in credito di imposta, e quindi non potrà essere compensato con le tasse pagate dalle banche. L'agevolazione è sospesa per un biennio, e le banche pagheranno più tasse di prima. Ma le somme che compongono quella Dta resteranno tali e quali nel bilancio degli istituti di credito. Che dal 2027 torneranno a trasformarsi in crediti di imposta sommandosi a quelle eventualmente maturate nel biennio precedente. In tutto le banche italiane, comprese le società di risparmio gestito, hanno circa 32,2 miliardi di Dta. I più colpiti dalla misura saranno i grandi istituti. Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm ed Mps hanno registrato, a valere sul bilancio 2023, le maggiori imposte differite, pari rispettivamente a 12,6 miliardi, 10,74 miliardi, 3,85 miliardi e 1,8 miliardi. Insomma, il sacrificio c'è ma, come ha confermato ieri il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, è «gestibile». Apprezzamenti per la mossa del governo arrivano anche dagli analisti di Borsa. Per Intermonte, «la strutturazione di questo tipo di contributo è positiva per le banche, perché non va a impattare il conto economico, come previsto l'anno scorso. Non c'è quindi rischio di riduzione o intaccamento delle remunerazioni, siccome il tema è semplicemente di cassa e non a livello di utile». Misura diversa, anche se il meccanismo è sempre quello dell'anticipo, riguarderà le assicurazioni. La manovre prevede infatti che l'imposta di bollo già prevista per le polizze di ramo III e V, quelle di tipo finanziario dovrà essere pagata annualmente e non al momento del realizzo. In sostanza, gli interventi non destabilizzeranno il sistema ma copriranno complessivamente in due anni oltre il 10% della manovra di bilancio. Si poteva fare di più o di meglio? Come sempre. Ma in passato, di sicuro, tra prelievi estemporanei e anticipi di tasse, si è fatto di molto peggio.
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