s

Estero
Trump vola in Medio Oriente. Non andrà in Israele, la missione è economica
Oggi 13-05-25, 08:35
AGI - È il Golfo, con le sue ricchezze e le sue grandi potenzialità economico-commerciali, la destinazione del primo viaggio all'estero del presidente americano Donald Trump nel suo secondo mandato. Il capo della Casa Bianca è da poco decollato da Washington e domani inizierà il suo tour mediorientale recandosi in Arabia Saudita, poi in Qatar ed Emirati arabi uniti. Manca la tradizionale tappa in Israele, tra i principali alleati nella regione. Una 'lacuna' che ha fatto alzare più di un sopracciglio nello Stato ebraico e che ha messo sotto pressione il premier Benjamin Netanyahu, che dell'amicizia con Trump si è sempre vantato, beneficiandone politicamente. Ma i rapporti tra i due nelle ultime settimane hanno ricevuto qualche colpo: i negoziati Usa con l'Iran sul programma nucleare, l'accordo con i ribelli yemeniti Houthi per la navigazione nel Mar Rosso e i colloqui con Hamas che hanno portato all'annuncio della liberazione dell'ostaggio israelo-americano Edan Alexander, tutto senza coinvolgere Israele, sono stati una doccia fredda per il capo di governo. FoxNews ha dato voce alle crescenti tensioni, definendo Netanyahu come un "ostacolo" alle iniziative diplomatiche di Trump nella regione. Allo stesso modo, l'emittente israeliana Channel 13 ha riferito di inusuali critiche nei confronti di Washington provenienti dal cerchio ristretto del premier, che ha denunciato il "caos nell'amministrazione Trump", sostenendo che "tutto funziona secondo i capricci del presidente". Allarmi smentiti con forza dallo stesso Netanyahu e da alti esponenti americani, come l'ambasciatore Usa Mike Huckabee e l'inviato speciale Steve Witkoff, ma il dato resta. A questo, si aggiunge che il capo del Pentagono, Pete Hegseth, ha cancellato la visita in Israele prevista per oggi per unirsi a Trump nel viaggio nel Golfo. La spiegazione ufficiale è stata che il presidente gli ha chiesto di volare con lui sull'Air Force One e la tappa a Tel Aviv del ministro della Difesa è saltata. Ad accompagnare Trump ci saranno anche l'inviato speciale per il Medio Oriente Steve Witkoff, il segretario di Stato Marco Rubio, il segretario al Tesoro Scott Bessent e il segretario al Commercio Howard Lutnick. La missione di Trump si concentrera sulla dimensione economica La missione di Trump si concentrerà principalmente sulla dimensione economica. Secondo collaboratori nella Casa Bianca, citati dal Washington Post, le questioni di sicurezza non saranno centrali durante i tre giorni e mezzo della visita nel Golfo, a dimostrazione della sua forte attenzione ad accordi commerciali e investimenti che potrebbero rafforzarlo con il suo elettorato in patria, tra le critiche per l'aggressiva politica di dazi inaugurata. Già nel 2017 Trump, durante il suo primo mandato, aveva scelto Riad come prima destinazione estera ma in quell'occasione aveva poi continuato il tour verso Israele ed Europa. Stavolta l'itinerario segue - a distanza di qualche settimana - i viaggi compiuti nella regione dal figlio Eric, a capo della Trump Organization, volato nel Golfo per stringere accordi commerciali, come per esempio i progetti in campo immobiliare annunciati di recente, un grande hotel e una torre a Dubai e un campo da golf fuori Doha. Riad come prima tappa è stata una 'conquista' del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman che è stato il primo leader straniero a telefonare a Trump, promettendo investimenti negli Usa per almeno 600 miliardi di dollari. Il presidente gli propose di arrivare a mille e avrebbe avuto l'onore della prima visita. E così è stato, anche se i dettagli sugli investimenti sono rimasti vaghi. Nell'agenda di Trump c'è una riunione del Consiglio di Cooperazione del Golfo e un business forum Arabia Saudita-Usa al quale parteciperanno capitani d'azienda come il presidente e amministratore delegato di BlackRock, Larry Fink, l'amministratore delegato di Citigroup, Jane Fraser, e il presidente e ad di Ibm, Arvind Krishna. E se il capo della Casa Bianca intende concentrarsi sugli affari, nel Golfo i leader regionali spingeranno sulla sicurezza, in primis su temi caldi come la guerra a Gaza e il dossier Iran. Vogliono rassicurazioni sull'impegno di Washington a favore della stabilita' dell'area, scossa dal conflitto israelo-palestinese e dalle sue ramificazioni. Riad da tempo punta all'assistenza di Washington per il suo programma nucleare civile e cerca una maggiore cooperazione in materia di difesa. Questioni che gli Usa sembravano voler 'barattare' con un accordo di normalizzazione con Israele che tuttavia è stato ostacolato dall'attacco di Hamas del 7 ottobre e dal conseguente conflitto nella Striscia, che Netanyahu non accenna a voler interrompere. Focus su investimenti e sicurezza anche da parte di Emirati e Qatar, con i primi concentrati su tecnologia e intelligenza artificiale e i secondi che giocano già da qualche anno un ruolo diplomatico di primo piano (e ospitano la più grande base militare Usa nel Medio Oriente). Centrale per i leader del Golfo è anche il dossier nucleare iraniano: se Israele e Arabia Saudita ci si oppongono fermamente, con Tel Aviv che punta alla sua distruzione manu militari, nell'amministrazione Trump è in corso un dibattito tra i falchi che appoggiano la linea-Netanyahu e chi invece, come il segretario di Stato Marco Rubio, sembra più propenso a lasciare a Teheran la possibilità di un programma nucleare ma soggetto a precise limitazioni. Capitolo a parte è la Siria, con il presidente ad interim Ahmad al-Sharaa che secondo Reuters avrebbe lavorato in queste settimane dietro le quinte per un incontro con Trump. Sul piatto il leader islamista avrebbe lanciato di tutto, dalla creazione di una Trump Tower a Damasco, a una distensione con Israele, fino all'accesso degli Stati Uniti al petrolio e al gas siriani. L'ipotesi è stata smentita da una fonte della Casa Bianca ma ancora gira sui media. Al-Sharaa, ancora formalmente designato dagli Stati Uniti come terrorista per il suo passato in Al-Qaeda, punta a ottenere l'allentamento delle sanzioni che mantengono il Paese isolato dal sistema finanziario globale e rendono la ripresa economica estremamente difficile dopo 14 anni di guerra civile. Domenica scorsa ha parlato con il saudita MbS ma un faccia a faccia con Trump viene ritenuto improbabile, anche per la mancanza di consenso all'interno dell'amministrazione Usa nei confronti della 'nuova' Damasco dopo la caduta del regime di Bashar al-Assad. Tuttavia, nella conferenza stampa odierna, il presidente Usa ha aperto alla possibilita' di un allentamento delle sanzioni, dietro richiesta della Turchia, per dischiudere "un nuovo capitolo".
CONTINUA A LEGGERE
2
0
0