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C'è la firma di Parolin sull'ultimo documento dell'affaire Sloan Avenue che ha segnato il caso Becciu
05-05-2025, 11:17
A poche ore dall'inizio del Conclave, mentre il dibattito verte su veleni e presunti complotti, spuntano nuovi documenti che fanno sempre più luce sull'affaire del palazzo di Londra, culminato nel grande scandalo del cardinale Angelo Becciu, che si è ritirato pochi giorni fa. L'ultima carta che circola in Vaticano, e che Il Tempo pubblica in esclusiva, porta la firma del segretario di Stato Parolin, favorito tra i papabili del Conclave che sta per aprirsi. Una firma in calce al memorandum, datata 25 novembre 2018, che descrive minuziosamente l'operazione finanziaria e patrimoniale che il Vaticano finora aveva negato di conoscere nei dettagli, attribuendo ai singoli le responsabilità. Sotto il memorandum, Parolin scrive di suo pugno un commento che, invece, sembrerebbe confermare che la Santa Sede non solo fosse informata dell'affaire di Sloane Avenue, ma che la Segreteria di Stato, nel suo più alto incarico rappresentato da Parolin, avesse di proprio pugno autorizzato l'operazione. «Avute assicurazioni sulla solidità dell'operazione (che porterebbe vantaggi alla Santa Sede), la sua trasparenza e l'assenza di rischi reputazionali, (che, anzi, superati quelli legati alla gestione del Fondo Gof)», scrive Parolin, «sono favorevole alla stipulazione dei contratti». Il documento, che il Segretario di Stato verga con la sua firma, descrive i vari passaggi dell'acquisizione dell'immobile di Sloane Avenue, nata su suggerimento del Credit Suisse di Londra, che ha poi portato Becciu nella bufera. Un documento che nel 2018 fu avallato da Parolin. Tanto che in calce al memorandum, che delinea l'uscita dal Fondo del palazzo (che alla fine è costato al Vaticano 40 milioni di euro e che, nei giorni scorsi, ha portato l'Alta Corte inglese a condannare la Santa Sede al risarcimento di 4 milioni di euro di spese processuali nei confronti di Raffaele Mincione, proprietario dell'immobile), c'è la nota scritta a mano da Parolin, con la quale autorizza l'operazione e la stipulazione dei contratti, che avrebbero portato all'acquisto del palazzo attraverso la società lussemburghese Gutt.Sa, di proprietà del broker Gianluigi Torzi. Una decisione che Parolin avrebbe preso, come lui stesso scrive, dopo aver sentito, la sera prima, il parere del monsignore Alberto Perlasca, il grande accusatore di Becciu, e quello di Fabrizio Tirabassi, l'uno a capo e l'altro minutante dell'Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato. Di questa via libera formale della Santa Sede, in tutto questo scandalo non si era mai parlato. Si era sempre ritenuto che l'iniziativa fosse stata presa dai singoli, senza un avvallo formale, al punto che Becciu ha pagato un prezzo alto nel processo del secolo, finito in primo grado con la condanna del cardinale a cinque anni e sei mesi di reclusione per peculato e truffa aggravata, pur se il dibattimento ha dimostrato che il porporato non si è intascato neanche un centesimo. Questo documento, contenuto all'interno del fascicolo sul processo ma mai trapelato, si trova a pagina 97 dell'allegato denominato «All 15 Annotazione di PG Squillace con allegati», che fa parte del secondo faldone di atti depositati dall'ufficio del promotore di giustizia, Alessandro Diddi, il 20 agosto 2021. Un memorandum che mostrerebbe un'altra versione della storia di quel grande scandalo sui fondi extrabilancio dell'Obolo di San Pietro, che servivano per i poveri e invece sarebbero stati usati per fare affari. E ora queste nuove rivelazioni potrebbero riaprire la questione Becciu, che sembrava chiusa dopo le controverse lettere di Papa Francesco, che escludevano il porporato dal Conclave, e con la rinuncia del cardinale, formalizzata nei giorni scorsi.
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