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Ilaria Salis, ecco la verità sul voto che l'ha salvata
Oggi 09-10-25, 07:32
Chi ha permesso a Ilaria Salis di salvarsi e vedersi confermata l'immunità da eurodeputata? La certezza sui nomi e cognomi non ci sarà mai, anche perché il voto era segreto, ma il giorno dopo è possibile avere qualche certezza in più grazie alla lista dei presenti e degli assenti. La prima considerazione: almeno 41 voti non le sono arrivati da sinistra. Inoltre, gli italiani di centrodestra erano tutti presenti, tranne uno. Nessun giallo però: il leghista Marco Patriciello non si è presentato per motivi di salute, così come era accaduto a settembre. «Dovevo fare controlli medici», spiega. Ciò che salta subito all'occhio è il dato degli assenti. Il fronte contrario a Salis, formato da Popolari (Ppe), Conservatori (Ecr), Patrioti (Pfe) ed Europa delle nazioni sovrane (Esn) sulla carta contava 378 eurodeputati. Ma ne erano presenti solo 335, quindi 43 in meno. Quasi la metà, ovvero 20, militano nelle fila del Ppe. Tutti stranieri, soprattutto polacchi, ungheresi e tedeschi. Allora qualcuno potrà pensare che la sinistra si sia presentata in massa per Salis. Invece no. Scopriamo che il fronte composto da Socialisti (S&D), Renew, Verdi e The Left aveva in aula solo 265 eurodeputati, gli assenti erano 45, praticamente tanti quanti il centrodestra. Eppure Salis ha incassato 306 voti, uno in più dei 305 contrari. Significa che se in teoria tutti i colleghi della sinistra hanno votato in massa per lei, ha potuto contare sul supporto di 41 onorevoli di centrodestra o non iscritti ad alcun gruppo (quest'ultimi erano 28, la maggior parte di destra). Ecco chi ha salvato davvero Salis, anche perché Socialisti e Popolari avevano lo stesso numero di assenti: 20 ciascuno. I sospetti, continuano a ricadere su alcuni eurodeputati stranieri del Ppe, che poteva vantare la delegazione maggiore con 168 presenti. Patrioti ed Ecr, invece, avevano 8 assenti a testa. Il padre di Salis, Roberto, prova a seminare zizzania: «Io so che i franchi tiratori ci sono stati da tutte le parti, me ne risultano diversi, due della Lega e uno in FdI». La diretta interessata, intanto, dopo aver festeggiato con gli amici, passa al contrattacco e chiede di essere giudicata in Italia. Lo fa rivolgendosi direttamente al ministro della Giustizia Carlo Nordio: «Io non voglio sottrarmi alla giustizia. La mia richiesta, da cittadina italiana è semplice: voglio essere processata nel mio Paese, non in un regime». Il processo a suo carico in Ungheria al momento resta «congelato» grazie alla conferma dell'immunità. Solo in futuro la Corte d'appello di Milano potrà valutare se chiedere di spostare il procedimento in Italia, anche se l'ultima parola spetta al Guardasigilli. La polemica, intanto, continua. Il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, è netto: «FdI ha votato convintamente contro un'immunità che puzza di privilegio, altri si chiedano cosa hanno fatto». Mentre il vicepremier Antonio Tajani ritiene che sia il momento di dire «basta a polemiche strumentali, il Parlamento sovrano e ha deciso così». Il caso Salis, però, apre un precedente. Fino ad oggi la regola non scritta era di revocare l'immunità ogniqualvolta i reati contestati risalissero ad un periodo antecedente al mandato elettorale. Con Salis questo principio è stato gettato nel cestino. Lo fa notare l'eurodeputato di FdI-Ecr Mario Mantovani che ha seguito tutto l'iter essendo vicepresidente della commissione Affari giuridici (Juri): «Con Salis si è superato il limite. La protezione concessa ad atti di violenza politica rappresenta una ferita per l'Europa. Ho appena incontrato la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola alla quale ho riportatole sistematiche egravi violazioni del regolamento e dei principi sulle immunità avvenute nel caso Salis».
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