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“Perché il ricovero può durare a lungo”. E ora i fedeli temono una Pasqua senza Papa
06-03-2025, 08:04
Le condizioni di salute di Papa Francesco continuano ad essere definite «critiche» e l'augusto paziente è stato colpito già tre volte da crisi respiratorie e broncospasmi. Abbiamo chiesto al professor Paolo Palange, ordinario di Pneumologia a La Sapienza di Roma e primario della UOC di Pneumologia del Policlinico Umberto I, di spiegarci alcuni aspetti della malattia che affligge il pontefice. Professor Palange, in questi venti giorni di ricovero il Santo Padre ha avuto tre episodi di criticità che rendono il quadro clinico complessivo ancora molto delicato. Dobbiamo aspettarci nuove crisi respiratorie o broncospasmi? Lei, che di casi analoghi ne vede ogni giorno, cosa ci può dire per capire meglio la situazione? «Innanzitutto, mi permetta di sottolineare che stiamo ragionando sulla base dei dati parziali che ci sono forniti dai bollettini diffusi dalla sala stampa vaticana, quindi posso solo esprimere una mia visione generale su quello che ci viene riportato dalle fonti ufficiali, non avendo personalmente in cura il pontefice. Fatta questa dovuta premessa, conoscendo il quadro così come ci era stato descritto inizialmente, cioè che siamo in presenza di un paziente con una patologia respiratoria preesistente ed in particolare si è parlato di bronchiectasie, ovvero delle dilatazioni bronchiali che favoriscono un accumulo di secrezioni catarrali, le crisi respiratorie avvengono perché i bronchi sono parzialmente ostruiti. Le manovre che sono state messe in atto sono quindi quelle che noi chiamiamo 'disostruttive'. Per quanto riguarda l'uso della ventilazione non invasiva è una tecnica che si utilizza per dare aiuto al paziente, migliorando gli scambi gassosi e riducendo lo sforzo respiratorio del malato. Queste manovre, abbinate alle terapie antibiotiche, possono certamente aiutare anche il recupero funzionale». A proposito delle terapie antibiotiche, in questi giorni alcuni suoi colleghi hanno ipotizzato che potrebbe esserci una resistenza ai farmaci. D'altronde non ci è stato specificato se la polmonite è ancora in atto, come pure non sappiamo se l'infezione polimicrobica alle vie respiratorie sia stata o meno debellata. Lei che idea si è fatto? «Su questo è molto difficile esprimere un giudizio perché non sappiamo nello specifico che terapia antibiotica viene somministrata al paziente. Io tendo invece a ritenere che si stia verosimilmente arginando il problema infettivo, perché in un bollettino recente è stato sottolineato che non sono aumentati i globuli bianchi e il Papa continua peraltro a non avere febbre. Non c'è quindi il timore che il processo infettivo sia fuori controllo, anzi, sembrerebbe scongiurato. Quello che mi porta a ritenere che la prognosi sia, giustamente, ancora riservata è che sussiste una certa dipendenza di ossigenazione ad alti flussi alternata anche alla ventilazione meccanica non invasiva. Noi lo vediamo quotidianamente nei nostri reparti: quando ci sono tutti questi fattori ancora in campo è un po' un altalenarsi di condizioni cliniche variabili. Direi che ogni giorno è un po' una storia a sé». Nel caso del Papa siamo però di fronte ad un paziente con una patologia bronchiale definita cronica, secondo lei può migliorare e tornare alla sua quotidianità o potrebbero verificarsi nuovamente episodi di così importante criticità? «La situazione cronica diciamo che può ritenersi stabile, ma in questo caso si è complicata per la presenza di un'infezione polimicrobica, quindi con più microbi e anche dei miceti o funghi, destabilizzando il quadro di cronicità bronchiale del Santo Padre. In questi casi si può certamente anche tornare indietro, sempre tenendo però presente, soprattutto in pazienti con un'età avanzata, il bilancio tra effetto dei farmaci e risposta immunitaria dell'organismo. È necessario, infatti, che anche l'organismo faccia la sua parte, mettendo in moto una difesa immunitaria fondamentale per la risoluzione delle problematiche generali in atto. Malati che riescono ad uscire da queste situazioni ne abbiamo visti». Sulla base della sua esperienza in casi analoghi, se il pontefice inizierà un graduale miglioramento, che periodo di degenza è prevedibile? E, successivamente, che tempistiche riabilitative si prospettano? «Io avevo già ipotizzato una degenza da tre a cinque settimane per la risoluzione del processo acuto. Per tornare ad avere una vita sostanzialmente 'normale'. Il processo riabilitativo successivo varia da soggetto a soggetto, ma possono volerci anche svariati mesi per pazienti in età così avanzata. Bisogna avere molta pazienza ma anche molta fiducia che le cure alla fine abbiano effetto».
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