s
Schlein e Conte divisi su tutto: il campo largo è una torre di Babele
Oggi 05-12-25, 08:15
A fari spenti nella notte, il testa coda del campo largo. La coalizione di sinistra, che sulla carta dovrebbe proporsi come alternativa a Giorgia Meloni, si allena in ordine sparso, non c'è verso di avere un unico spogliatoio. Così Pd e M5S procedono in direzioni completamente diverse, lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Il Nazareno è alle prese con il nuovo dubbio amletico della segretaria, «Vorrei, non vorrei ma se vuoi». La "sventurata" è tentata di chiudere a chiave il recinto, ma teme la rivolta delle correnti. Emblematica la fatale indecisione sull'assemblea nazionale del 14 dicembre. Elly Schlein ha fatto filtrare che si poteva procedere a modificare lo statuto per blindare la sua candidatura unica in caso di primarie. Alla prima indispettita reazione («Elly stai serena») dei riformisti, la segretaria ha tirato indietro la mano e la modifica suggerita da lady Franceschini è scomparsa dall'ordine del giorno. C'è una priorità che prevale sul resto: conquistare in tutti i modi la fascia di anti Giorgia. La stessa data scelta per convocare il parlamentino dem (14 dicembre) rimanda al confronto con Atreju, dove più o meno in contemporanea la premier salirà sul palco. Un faccia a faccia che la segretaria ha cercato in tutti i modi, nel tentativo di allontanare Giuseppe Conte dall'area di rigore. In vista, più problemi che soluzioni, la minoranza, seppure a ranghi ridotti (Stefano Bonaccini ha favorito una migrazione verso la maggioranza), ha comunque aumentato sensibilmente il volume dei decibel. Da Montepulciano per di più è arrivata una fiducia a tempo e un avvertimento: «Non puoi fare tutto da sola». Non sarà scontato per lei blindarsi nel fortino, a questo punto del calendario (con le liste in vista), nel Pd si fa sul serio. Nel frattempo il leader M5S non cambia di una virgola il suo itinerario: «Prima i temi, poi si deciderà insieme la leadership». Con un occhio rivolto alla concorrente del Nazareno, dice sornione in un'intervista: «Come ho ripetuto più volte le ambizioni personali non devono mai condizionare il successo della coalizione». Giuseppe Conte sa che al momento giusto potrà contare sulle falle del Pd, le mosse di Elly non lo preoccupa più di tanto. Lo conferma un osservatore esterno come Carlo Calenda: «Credo che abbia delle carte da giocare, perché è stato presidente del consiglio e perché un'area del Pd lo preferisce, tutti quelli che si sono riuniti a Montepulciano, metà di loro, alle primarie faranno votare Conte». In più zitto zitto nell'ombra a sussurrare trappole e strategie c'è Goffredo Bettini, l'amico dei tempi d'oro, il vero ispiratore di un mantra che ora torna utile: punto di riferimento fortissimo dei progressisti. Certo il clima che si respira al Nazareno potrebbe inibire due primi cittadini, Silvia Salis e Gaetano Manfredi, ipotizzati come assi da Matteo Renzi per la casa dei riformisti. Se le azioni dei sindaci di Genova e Napoli, momentaneamente scendono, salgono invece quelle di Ernesto Maria Ruffini. L'ex direttore dell'Agenzia delle Entrate alla fine potrebbe essere l'ultima scialuppa per padri nobili e mancati federatori, insomma la lunga panchina del Pd. In sala macchina siede l'ex ministro grillino (ed ex consigliere di Francesco Rutelli) Vincenzo Spadafora: «Serve una forza di centro moderata, credibile, capace di parlare a chi non vota più: fuori da Pd e M5s c'è un mondo che merita rappresentanza». Poi l'appuntamento: «Incontriamoci a settembre 2026 per definire insieme un progetto comune». Più Torre di Babele che campo largo.
CONTINUA A LEGGERE
3
0
0
Guarda anche
Il Tempo
08:04
