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Scontro sull'impronta 33: "È di Sempio". Rischia sequestro società che prelevò il dna
Ieri 21-05-25, 20:56
Il presente dell'inchiesta di Garlasco è la traccia numero 33 repertata sulla seconda parete destra delle scale dove è stato trovato il cadavere di Chiara Poggi, che per la Procura di Pavia "è stata lasciata dal palmo destro" di Andrea Sempio. L'immediato futuro è che il 37enne potrà difendersi presentando "eventuali deduzioni" alla consulenza dattiloscopica affidata al tenente colonnello del Ris di Parma, Gianpaolo Iuliano, e al dottor Nicola Caprioli e depositata martedì agli avvocati Angela Taccia e Massimo Lovati. Sempio probabilmente ribadirà ciò che va in giro dicendo da mesi: "Io frequentavo la casa, quindi tracce mie in giro immagino che ci siano. L'unica stanza che non ho mai frequentato era la camera da letto dei genitori". Le "ulteriori investigazioni" sulla impronta palmare, ritenuta nel 2007 di utilità "nessuna", appartengono al futuro ancora più prossimo. Di certo il Procuratore Fabio Napoleone, che con l'aggiunto Stefano Civardi e le pm Valentina De Stefano e Giuliana Rizza coordina il Nucleo investigativo dei carabinieri di Milano, mercoledì ha chiarito con una nota che, per ora, di sangue non si parla. Il colore "rosa-violetto" dell'impronta nelle fotografie circolate su stampa e tv "non dipende dalla presenza di sangue" ma dalla "reazione del reagente" utilizzato dal Ris di Parma sulle pareti e sul soffitto e del primo tratto della scala che conduce alla cantina, spiega il consulente genetista della famiglia Poggi, Marzio Capra, che partecipò agli accertamenti processuali. E' la ninidrina spray il reagente utilizzato il 21 agosto 2007 dai carabinieri della scientifica, 8 giorni dopo l'omicidio. Il 29 agosto ("il risultato" è "visibile a distanza di tempo pari almeno ad una decina di giorni" si legge nella relazione del Ris) viene individuata l'impronta '33' e "fotografata digitalmente". Il 5 settembre una parte della traccia "priva di creste utili per gli accertamenti dattiloscopici" viene "asportata dal muro grattando l'intonaco con un bisturi sterile" mentre la parte restante viene ritenuta "non utile" a individuare impronte. E' proprio qui che in tempi record i consulenti dei pm ritengono di aver attribuito l'impronta a Sempio grazie a "nuove potenzialità tecniche, sia hardware che software" e rilevando la corrispondenza di "15 minuzie dattiloscopiche". E' uno dei contatti evidenziati con gli ultravioletti che ancora il 7 luglio 2020 i carabinieri di Milano definivano "totalmente inutile" per le impronte e mai sottoposto a "indagine biologica mirata" per accertare se fosse stata lasciata da "una mano sporca di sangue (della vittima o di altri) o se fosse altra sostanza". Dal passato di Garlasco emergono invece corsi e ricorsi storici della tragedia vissuta nel piccolo Comune della Lomellina. Il testimone intervistato dalle Iene "si propose come detective, gli ho detto di andare dai carabinieri perché in quel momento c'era già l'indagine aperta su Alberto Stasi", afferma l'avvocato Gian Luigi Tizzoni, storico legale della famiglia della vittima, sostenendo di conoscere "fin da bambino" l'uomo con la faccia pixelata di cui è andata in onda l'intervista. "Qualche settimana dopo l'omicidio non ricordo se gli chiesi se avesse sentito qualcosa in giro o fu lui a contattarmi. Ricevevo decine di proposte di collaborazione, segnalazioni, suggerimenti, come avviene nelle vicende mediatiche - spiega -. Lui è tornato da me nei mesi successivi dicendo che 'aveva qualcosa' sulle sorelle Cappa ma senza mostrare 'nulla di concreto'". Garlasco rispunta anche nelle carte di inchieste milanesi. Il pm Francesco De Tommasi ha chiesto al Riesame di sequestrare la SKP Investigazioni & Servizi di Sicurezza srl di via Ripamonti 66 a Milano, la società privata di detective a cui il 30 settembre 2016 i difensori di Stasi si rivolsero chiedendo di "svolgere indagini difensive" dopo la condanna definitiva a 16 anni per l'omicidio. Ad anni di distanza è stata coinvolta nell'inchiesta sui dossieraggi e le cyber-spie della Equalize di Enrico Pazzali, con accuse di associazione a delinquere, intercettazioni abusive e accesso abusivo a sistema informatico. All'epoca si occupò di rileggere gli atti processuali, e analizzare i social di Sempio - che secondo gli investigatori non aveva un alibi credibile - scoprendo come avesse aggiornato 2 volte il proprio profilo Facebook con frasi del Piccolo Principe (libro preferito di Stasi) o immagini sibilline a pochi minuti o a poche ore dalle sentenze di condanna. Infine prelevarono a Sempio una tazzina di caffè e un cucchiaino di metallo da un bar e una bottiglietta di plastica dalla spazzatura per isolarne e confrontarne il dna. Furono tutti indagati e archiviati, in particolare il professor Angelo Giarda (defunto) e l'investigatore privato Luca Antonio Tartaglia con altri due detective.
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