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Tutte le strade portano a Hannoun: dall'ultimo candidato alla rete dell'Islam radicale
Oggi 25-10-25, 07:26
È polemica sul candidato del M5S in Puglia, il palestinese Bassem Jarban. Non solo i post sconvolgenti in cui raffigura Gesù sulla croce con dietro la bandiera della Palestina e la kefiah sul bacino. O la Madonna con indosso la kefiah e con in braccio Gesù bambino con la scritta «no Christmas in Betlemme», ovvero «non c'è Natale a Betlemme». Ora spunta anche il post in cui ricondivide iniziative e piazze del giordano al centro della nostra inchiesta, Mohammad Hannoun. Lo stesso su cui si è espresso in Senato giovedì il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, spiegando che «la questura di Milano ha depositato, presso la locale procura, una comunicazione di notizia di reato proprio per istigazione a delinquere», dopo che il filo Hamas ha pubblicamente dato il suo “placet” sull'uccisione dei «collaborazionisti». Ma non c'è solo Hannoun vicino a Jarban, perché durante un evento del 30 giugno c'è anche Sulaiman Hijazi, lo storico vice di Hannoun che il 7 ottobre ringraziava Dio. Sì, il giorno di un eccidio. Ed è inevitabile chiedersi se ci sia o meno un'unica regia. È solo un caso che il candidato pugliese, quindi geograficamente ben distante da Milano o Genova, sia vicino ad Hijazi e simpatizzi per Hannoun e le sue manifestazioni? O che scriva, riprendendo un post dei Gpi (Giovani Palestinesi d'Italia ) «Condividi, Dio, salvaci dai mostri sionisti»? I Gpi, gli stessi che hanno organizzato la manifestazione, ovviamente vietata dal Viminale, che inneggiava al 7 ottobre. Gli stessi che quasi sempre organizzano i cortei con Hannoun a Milano. Milano ma anche Roma o altre piazze, in cui di frequente, insieme all'Api (Associazione dei palestinesi in Italia), figurano altre sigle tra cui l'Udap (Unione democratica arabo palestinese). Insomma, difficile non credere ad un'unica regia in cui sì, c'è un uomo solo al comando, ma con una ramificazione capillare in piccoli comuni o grandi metropoli. Anche oggi Hannoun scenderà in piazza, sfidando la posizione di un centrodestra compatto che ne chiede l'espulsione. Il capoluogo lombardo, oramai epicentro del vanaglorioso desiderio di chi sceglie di mobilitarsi solo per sentire di appartenere a qualcosa, vedrà anche un'altra piazza, quella per boicottare «l'appalto MM e gli affari di morte». Insomma, i ProPal rimasti senza la "causa Flotilla", se la prenderanno contro appalti di Società pubbliche partecipate dal Comune di Milano che operano nell'ambito della metropolitana, in questo caso di Tel Aviv. A chiedersi dove sia il sindaco è il vice Presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera ed ex vice Sindaco delle Giunte di Centrodestra milanesi, Riccardo De Corato: «Nonostante a Gaza sono in corso trattative per la pace, nel capoluogo lombardo è ancora "guerra" aperta. Ma Sala, anche su argomenti che riguardano direttamente lui e il Comune di Milano, ancora rimane in silenzio e non prende le dovute distanze?». In un momento storico in cui il clima è esasperato a causa di fanatismi ed estremismi, ecco che appaiono surreali i casi di Fatayer o Jarban. Così come sembra incredibile che nessuno dell'opposizione abbia sentito il bisogno di discostarsi dalle parole di istigazione a delinquere di Hannoun pronunciate a Milano. Politici che lo hanno visto e frequentato. Gli stessi che di recente nelle piazze hanno osannato il giornalismo di inchiesta chiedendo che per Ranucci venissero ritirate le querele. Ma che con noi hanno scelto proprio il silenzio e le querele intimidatorie. Solo per aver chiesto la natura dei loro rapporti con chi è ritenuto dal dipartimento del Tesoro Usa un finanziatore dell'ala militare di Hamas tramite le proprie associazioni. In un processo di islamizzazione non più così sotto traccia è necessario chiedersi se ci sia un fil rouge e chi sia a dirigerlo. Ma anche perché certi politici lo abbiano frequentato. Vorremmo chiedere al Movimento 5 Stele se è fiero di aver candidato in Puglia una persona che scrive «morte ai bastardi sionisti». Approvano anche che «i sionisti dovrebbero sapere se non rispettano il significato di residenza permanente... la loro scomparsa è imminente»? Confondere la causa palestinese con la pura propaganda politica, senza peraltro commentare simili esternazioni, è forse peggio della di per sè è già scelta. Che di per sé è già surreale.
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