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Ursula vira a destra e Schlein si infuria. "Non scontati i voti Pd". Ma è isolata
Oggi 27-06-25, 07:35
Prossima fermata Bruxelles. Per ora è una minaccia, o meglio, una pistola caricata a salve quella che Elly Schlein ha puntato in direzione di Ursula Von der Leyen. Nel suo primo incontro dal vivo dall'inizio della legislatura con la delegazione italiana di eurodeputati dem, la segretaria ha reiterato il messaggio: «Ursula deve capire che i nostri voti non possono essere dati per scontati». Due sostanzialmente i capi di imputazione: il ritiro, da parte della Commissione, del regolamento contro il greenwashing (normativa che il settore moda ha contestato per la vaghezza) e la richiesta di sospensione dell'accordo di cooperazione Ue-Israele. «Non siamo disposti ad accettare una politica dei due forni da parte del Partito Popolare Europeo e della presidente della Commissione», ha tuonato l'inquilina del Nazareno. L'accelerazione ha un doppio obiettivo. Da una parte c'è il timore che l'avversaria di Palazzo Chigi spadroneggi anche in Europa, spostando il baricentro della maggioranza. Sempre più spesso Ursula risulta essere in sintonia con i Conservatori, un andazzo insopportabile. Per questo l'ammonimento «i nostri voti sono importanti». In sua difesa, interviene il senatore Alessandro Alfieri, riformista di rito bonacciniano: «Se la presidente della Commissione va avanti così, può scordarsi il nostro sostegno. A quel punto si bloccherebbe, non avrebbe i numeri». Dall'altra, c'è il ritorno dell'ostinazione di sempre: non si possono creare spaccature con Giuseppe Conte, regalando il voto della sinistra. Superate le incertezze che hanno accompagnato l'attacco americano in Iran (e l'offerta di disponibilità parlamentarea Giorgia Meloni), il Nazareno ha colto così la palla al balzo: confermare in modo solenne il rapporto speciale con il leader del M5S. Tanto da seguirlo anche sulla strada impervia del no all'aumento delle spese militari: «Il 5% deciso al vertice della Nato rischia di essere la fine dello Stato sociale». Un giudizio pesantissimo che riecheggia quelli usati dal leader M5S all'Aia nei giorni scorsi. Al prevertice dei socialisti, poi, la segretaria ha omaggiato il premier spagnolo Pedro Sanchez: «Ha dimostrato che si può dire di no ai bulli come Trump. Avrebbe dovuto farlo anche Giorgia Meloni, nell'interesse dell'Italia». Campo largo tutto a sinistra, non ci sono alternative; l'ex presidente del Consiglio va assecondato: dobbiamo arrivare alle elezioni politiche del '27 con un accordo di ferro con il M5S e con Avs. Improprio pensare a un rapporto di subalternità: Elly Schlein intimamente è abbastanza vicina alle posizioni di via di Campo Marzio, anche se non sempre può dirlo. Per questo si è scelta due indipendenti in linea con le sue idee: Cecilia Strada e Marco Tarquinio. Altre volte è costretta a fare la voce grossa con Giuseppi, per porre un freno alla sua tracotanza, ma sono dissidi che non durano molto. Poi si impone sempre l'incubo Enrico Letta, il predecessore che arrivò alle politiche del ‘22, sostanzialmente senza un'alleanza. Il percorso della segretaria nelle prossime settimane non sarà facilissimo. Intanto, a casa sua, a Bruxelles, nella delegazione italiana, ha una minoranza forte (circa 9 eurodeputati su 21) e battagliera (a differenza di quella nel Parlamento italiano), che ieri, nel primo incontro faccia a faccia con Elly Schlein, non ha commentato in alcun modo. Poi c'è l'oggettivo isolamento nel gruppo S&D; il gioco di sponda riesce soltanto con la delegazione spagnola, che esprime il capogruppo: Iratxe García Pérez. Ad esempio, sul riarmo, il PD all'interno del gruppo dei socialisti resta una voce isolata.Molto più affine, anche nel comportamento di voto a The Left, nona caso il contenitore europeo di Giuseppe Conte e Nicola Fratoianni. Insomma, in Europa servirà l'elmetto.
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