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Fausto Carioti: le firme nelle chiese ora imbarazzano i Vescovi
15-08-2024, 08:30
Quante cose non vede, o forse sceglie di non vedere o magari non ammette di vedere, il vescovo Francesco Savino, braccio sinistro di monsignor Matteo Zuppi. E sì che quelle cose sono lì, davanti agli occhi di tutti, figuriamoci dei suoi. Perché monsignor Savino è il vicepresidente della Cei con delega per l'Italia meridionale: le chiese e le parrocchie del Mezzogiorno fanno riferimento a lui. E lui prende il suo incarico molto sul serio. Un mese fa, commentando la riforma che dovrebbe introdurre l'elezione diretta del premier, ha detto che «la dittatura della maggioranza può provocare derive autoritarie pericolose e difficilmente reversibili». Quanto all'autonomia differenziata, secondo Savino «produrrà profonde e laceranti diseguaglianze», trasformando l'Italia in «un Far West». Parole in linea con le dichiarazioni di Zuppi e con le note della Cei e non nuove per lui. Che a gennaio, intervenendo a un convegno in Calabria, aveva arringato i cattolici: «È l'ora di non fare silenzio, è l'ora di osare. Popolo, basta con la paura». Qualcuno lo ha preso in parola: può capitare, quando hai l'autorità che ti deriva dall'abito talare e usi un linguaggio così accalorato. Nella chiesa di San Giorgio Maggiore di Napoli, ad esempio, domenica scorsa durante la messa, il parroco ha invitato i fedeli a firmare per il referendum con cui l'opposizione vuole abrogare la legge sull'autonomia e dare la spallata al governo. Per rendere la cosa più semplice ha anche allestito un banchetto per le firme dentro la sua chiesa. «È l'ora di osare», aveva detto il suo superiore. E don Carmelo ha osato, spiegando che si sente autorizzato a fare così proprio dagli appelli della Conferenza episcopale. L'EVIDENZA NEGATA Ne ha scritto Libero due giorni fa, riportando la testimonianza di un fedele. L'edizione napoletana di Repubblica ha raccontato altri dettagli della storia (ovviamente con toni assai diversi) e pubblicato la fotografia di quel banchetto all'inizio della navata, con appesi i manifesti del comitato referendario creato dai leader dell'opposizione. Impossibile, insomma, non sapere e negare l'evidenza. E invece, intervistato sul Corriere della Sera di ieri dopo quanto scritto da Libero, il vicepresidente della Cei che aveva detto «è l'ora di non fare silenzio» e «basta con la paura», d'improvviso si fa cauto e pesa le parole. La domanda che gli viene posta non è proprio leonina: «Ogni tanto, nelle cronache delle ultime settimane, tra accuse e smentite, si è detto che questa o quella parrocchia raccoglieva firme per il referendum. Le risulta?». La verità è nota a tutti, ma il vescovo si scorda per un attimo di quel meraviglioso passo del Vangelo di Matteo «Sia il vostro parlare: “Sì, sì”, “No, no”; il di più viene dal Maligno» - e risponde di non saperne nulla. «Guardi», dice a chi lo intervista, «io non so proprio se ci siano parrocchie nelle quali sia accaduto, e non ho nessuna informazione su questo». Con tutto il rispetto per sua eccellenza, è difficile credergli, visto quello che era stato scritto e fotografato e che l'intervista al Corriere gli è servita proprio a mandare un avvertimento ai sacerdoti che volessero imitare il parroco di Napoli e raccogliere firme. Il messaggio è questo: «Non è opportuno. Stiamo attenti a non rendere le parrocchie dei luoghi di conflittualità politica. Di certo la Cei non ha mai detto: raccogliete le firme. Pensare questo sarebbe ingiusto e falso». Concetto su cui ieri ha insistito anche il laico Vincenzo Corrado, direttore dell'Ufficio per le comunicazioni sociali della Cei: «Non c'è mai stata né mai ci sarà un'indicazione da parte della Conferenza episcopale a raccogliere firme contro la legge sull'autonomia differenziata. E soprattutto a farlo nelle parrocchie». LEZIONE AI PARROCI Sembra un ripensamento, ma non lo è. È la presa d'atto che la situazione, dopo i tanti attacchi mossi dalla Cei al governo negli ultimi mesi, ora sta sfuggendo di mano, e che altri fedeli (e altri contribuenti chiamati ogni anno a mettere la firma sulla casella dell'Otto per mille), che non si riconoscono nelle battaglie dell'opposizione, rischiano di allontanarsi dalla Chiesa. Savino infatti conferma tutte le accuse al progetto dell'autonomia differenziata, che desta «perplessità e preoccupazione» e prepara «una secessione per ricchi». E si guarda bene dall'ammonire i sacerdoti che hanno esagerato con lo zelo: ufficialmente, costoro nemmeno esistono. Spiega che la gente, ovviamente «è libera di organizzarsi, che siano credenti o no, e sottoscrivere un referendum sul quale i cittadini saranno chiamati a esprimersi». L'importante è che questo si faccia senza coinvolgere direttamente chiese e parrocchie. Tradizione e stile impongono un'equidistanza formale, a maggior ragione quando quella sostanziale non c'è. Est modus in rebus, e non occorre indossare la maglietta dell'opposizione per fare opposizione al governo. Con la solita veste si è inattaccabili e molto più efficaci: i vescovi lo sanno, a certi parroci deve essere spiegato.
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