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Estero
L'ex ambasciatore israeliano, con il Papa rapporti tesi ma il silenzio è sbagliato
Oggi 25-04-25, 00:47
AGI - Il 7 ottobre 2023 ha segnato uno spartiacque nei rapporti tra Israele e la Santa Sede: dopo il massacro di Hamas e l'avvio della guerra a Gaza, "la relazione è diventata più tesa e problematica". È il ricordo di Raphael Schutz, ambasciatore israeliano presso la Santa Sede dal 2021 all'agosto 2024. In un'intervista all'AGI, il diplomatico parla dei primi due anni del suo mandato come "normali, calmi, positivi". Ma l'attacco terroristico e il conflitto susseguente nella Striscia, con i loro carichi di morte e sofferenza, hanno modificato lo scenario. Papa Francesco in questo anno e mezzo ha sempre espresso forte vicinanza al dramma dei palestinesi di Gaza, in particolare dei bambini, centrali nei suoi appelli alla pace e nelle sue preghiere. Così come grande attenzione ha sempre dato alla tragedia degli ostaggi nelle mani di Hamas e Jihad Islamica, incontrandone più volte i familiari e anche un gruppo di ex rapiti. Ma altri elementi del conflitto, "come l'obiettivo di Hamas, il fatto che Israele sia stato attaccato anche dal nord e dall'Iran, la sofferenza degli israeliani nel sud del Paese e nei kibbutz e comunità intorno alla Striscia non sono stati menzionati né dal Papa né dal Vaticano", sottolinea l'ambasciatore in pensione. A questo si è aggiunto un uso delle parole ritenuto improprio da Israele, "come 'genocidio' o 'terrorismo' per la nostra legittima guerra di difesa" ricorda l'ex ambasciatore presso la Santa Sede che ha citato la telefonata tra il pontefice e il presidente israeliano Isaac Herzog poche settimane dopo l'attacco, in cui Francesco disse che 'non si risponde al terrore con il terrore'". Francesco, aggiunge, "ha menzionato il diritto all'auto-difesa di Israele due o tre volte, mentre invece della sofferenza di Gaza ha parlato cento volte, una volta a settimana, a volte anche di più, una proporzione che per noi è prevenuta e ingiusta". Detto ciò, Schutz è convinto che il silenzio del governo israeliano alla morte del pontefice non sia stato corretto. Rammentando il "messaggio caloroso di Herzog e gli ambasciatori israeliani nel mondo che hanno firmato i libri di condoglianze", l'ambasciatore mette l'accento sulla "condotta formale": "Tutte le differenze di opinioni devono essere discusse e il dialogo è il modo per farlo. Ma quando un leader muore, il codice di condotta dovrebbe essere rispettato". Altri ambasciatori si sono fatti sentire su X, in primis da Roma Jonathan Peled, che ha elogiato "un leader compassionevole che ha incessantemente promosso il dialogo, la pace e la giustizia", ma anche il rappresentante in Bulgaria, Yosi Levi Sfari. Nel suo messaggio di condoglianze da Sofia ha sottolineato come, "sebbene non tutte le parole di Papa Francesco abbiano sempre avuto eco in noi, dobbiamo riconoscere e valorizzare il suo impegno consolidato nella lotta all'antisemitismo e nella promozione del dialogo interreligioso". Levi Sfari ha reso "omaggio alla sua personalità unica e compassionevole, rilanciando il "suo accorato appello per la pace e la liberazione di tutti gli ostaggi".
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